La lettera che ho scritto con Serio Costa al direttore de La Stampa:
Caro Direttore, attraverso questo spazio che Lei ci concede, vorremmo spiegare perché abbiamo deciso – in qualità di Vice Presidenti di Senato e Camera – di ospitare in Parlamento il 1° aprile 2025 nella nuova aula dei gruppi parlamentari di Montecitorio, uno spettacolo di teatro civile sul fine vita. È la storia di una cittadina italiana, Sibilla Barbieri, che il 31 ottobre 2023 è morta a Zurigo, in una clinica svizzera dove ha potuto ricorrere al suicidio assistito negatogli in Italia. È una storia che anche il suo giornale ha raccontato, che contiene in sé tutti gli elementi per cui è urgente che il Parlamento legiferi per disciplinare questa materia. Sibilla Barbieri era una malata oncologica, con prognosi infausta breve, tre mesi di vita, che ha espresso la sua volontà chiedendo di essere libera di scegliere di andarsene con il suicidio medicalmente assistito prima dell’ultima agonia. L’aiuto al suicidio assistito in Italia è legale grazie alla sentenza di incostituzionalità numero 242/2019 della Corte costituzionale, relativa al caso Cappato/Antoniani. Ma l’aiuto è legale se fornito con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 alla persona che chiede la morte volontaria e che possiede determinate condizioni verificate dal Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico competente, e vi è verifica anche delle modalità di esecuzione della volontà della persona. La persona malata deve essere capace di autodeterminarsi, affetta da una malattia irreversibile che determina sofferenze fisiche o psichiche che reputa intollerabili, e deve essere dipendente da trattamenti di sostegno vitale. La cittadina Sibilla Barbieri, riteneva di essere in possesso di tutti i requisiti. La commissione medica della sua Asl di riferimento, invece, ha stabilito che Sibilla Barbieri non era dipendente da trattamenti di sostegno vitale. Il comitato etico invece, previa verifica documentale e con l’oncologo di Sibilla, aveva espresso parere favorevole riscontrando la sussistenza dei requisiti indicati nel giudicato costituzionale. Contro questo pronunciamento la famiglia è ricorsa alle vie legali.
L’appello alle istituzioni registrato da Sibilla Barbieri, prima di morire e reso pubblico dopo il suo decesso in Svizzera, diceva così: «Mi chiamo Sibilla Barbieri; la Commissione medica della mia azienda sanitaria mi ha ritenuta non meritevole di accedere all’aiuto per il suicidio assistito.
Io oggi ho la possibilità di porre rimedio a questa ingiustizia perché posso permettermi di organizzare un viaggio in Svizzera dove invece i miei diritti saranno garantiti. Ma tutti quelli che non possono? Condannati a non scegliere come vivere fino alla fine. Vi chiedo di battervi contro questa ingiustizia. Perché finalmente il Parlamento discuta e voti una legge giusta».
Invitiamo tutti i parlamentari, di Senato e Camera, di tutti i partiti, i presidenti di Regione, le associazioni impegnate nella difesa dei diritti civili, a un momento di riflessione collettiva. Il tema del fine vita è una questione che tocca profondamente la vita di tutti noi, al di là delle appartenenze politiche e delle convinzioni personali. Si tratta di un argomento che investe la sfera della dignità, della libertà individuale e del diritto all’autodeterminazione. La discussione in Parlamento va avanti da tempo, e in Senato sta lavorando un comitato ristretto per fare sintesi tra le varie proposte di legge depositate. Nel frattempo le Regioni procedono in ordine sparso dilatando i tempi di verifica delle condizioni della persona malata, in molti Tribunali sono in corso processi scaturiti dalle disobbedienze civili degli attivisti che hanno accompagnato in Svizzera persone come Sibilla Barbieri. Lei per esempio è potuta arrivare a Zurigo solo grazie a suo figlio Vittorio e Marco Perduca dell’Associazione Soccorso Civile. Al rientro in Italia Vittorio e Marco si sono autodenunciati e sono ora in attesa di sapere se saranno rinviati a giudizio per istigazione e aiuto al suicidio, rischiando fino a 12 anni di carcere. I tanti casi analoghi a quello Barbieri hanno spinto alcune Regioni ad avviare un percorso legislativo autonomo per l’organizzazione delle verifiche e i tempi di risposta del Servizio sanitario regionale, in attesa di una legge nazionale. Come la Toscana che l’11 febbraio scorso ha approvato una proposta di legge per regolamentare il suicidio assistito. Sibilla Barbieri era una malata oncologica, molti pazienti oncologici si vedono respingere le loro richieste di accesso all’aiuto al suicidio nonostante abbiano una prognosi infausta breve. La pronuncia della Corte ha chiarito la necessità di un quadro normativo che garantisca a ogni cittadino il diritto di scegliere, in piena consapevolezza e libertà, il proprio percorso di fine vita.