Caro Direttore,
L’organizzazione della medicina generale in Italia è ormai antistorica. L’Italia, del resto, nell’Ue è l’unico paese in cui i medici di medicina generale (Mmg) non sono organici al Sistema sanitario nazionale. Questo fa sì che, a fronte di varie problematiche, non abbiano alle spalle un’organizzazione che li supporti.
I Mmg lamentano, in primis, il sovraccarico di lavoro conseguente all’aumento del numero di assistiti, i quali sono sempre più seguiti a distanza, con buona pace di chi ancora crede esista il vecchio rapporto medico-ammalato. Gli Mmg operano in convenzione col Servizio sanitario nazionale e si formano attraverso corsi gestiti dalle Regioni, spesso subappaltati agli Ordini professionali, in assenza di un core curriculum nazionale e di un percorso professionalizzante di qualità. Accade così che quelli in formazione abbiano una borsa di studio e non un contratto.
In molte realtà, poi, i Mmg non riescono nemmeno a lavorare in rete e la loro retribuzione si basa sul numero di assistiti e non sulla qualità delle prestazioni. E a proposito di quelle aggiuntive, fatturate mensilmente, incentivano un’eccessiva richiesta di interventi, non sempre giustificati. In realtà, basterebbe guardare il numero di accessi impropri al Pronto soccorso per rendersi conto che molte richieste potrebbero essere gestite sul territorio. Purtroppo, però, ogni tentativo di riforma è stato ostacolato da resistenze di varia natura, che antepongono interessi di parte a un sistema sanitario davvero al servizio dei cittadini.
Non sorprende, perciò, che anche l’annunciata proposta del ministro Schillaci di trasformare i Mmg in dipendenti del Ssn sia stata rigettata. Ed è curioso leggere dichiarazioni belligeranti contro una riforma che punta invece a migliorare la qualità dell’assistenza ai cittadini, ad alleggerire il lavoro degli ospedalieri – che tamponano una rete territoriale affatto performante – e a valorizzare gli stessi Mmg.
Dovremmo allora chiederci: chi ha veramente a cuore la salute dei cittadini? Molte Regioni hanno compreso la necessità del cambiamento, anche perché senza di esso gli interventi del Pnrr, che prevede 15 miliardi di euro per la medicina territoriale, rischiano di essere vanificati. Va detto, tuttavia, che nonostante le profonde divisioni interne e la resistenza del sindacato maggioritario in ambito di medicina generale, ci sono molti giovani medici, sindacati e movimenti, come il Movimento Mmg per la Dirigenza, che si battono per il passaggio al contratto di dirigenza medica e per un inquadramento che riconosca la specializzazione del Mmg.
Sono convinta che la proposta di riforma che prevede l’integrazione dei Mmg nel Ssn, oltre a essere necessaria, sia anche un’opportunità di crescita per gli stessi medici generalisti. In tale direzione va la mia proposta di legge, già incardinata in commissione Affari sociali del Senato, AS 811. Essa, per quanto non preveda la trasformazione dei Mmg in dipendenti, sancisce la necessità di qualificare e valorizzare la medicina generale, equiparando la formazione dei Mmg a quella degli specialisti. Inoltre, va a sanare il divieto per i medici già specialisti in cure primarie e medicina di comunità di operare nell’ambito della medicina generale nel quale si formano.
Certo, occorre coraggio. Ma è fondamentale per rispondere adeguatamente ai bisogni di salute dei cittadini e per costruire un sistema sanitario territoriale più efficiente, integrato e sostenibile. È dunque in primis una battaglia di civiltà, atta a garantire un futuro al nostro Ssn che deve rimanere pubblico e universale. Andrebbero dunque messi da parte interessi corporativistici perché, in fondo, la vera lotta va combattuta per garantire cure dignitose a ogni cittadino, sempre e ovunque.
Sen.ce Mariolina Castellone