Il calo demografico in Italia non accenna a fermarsi. Lo ha certificato ieri l’Istat diffondendo i dati del suo annuale rapporto “Natalità e Fecondità”. Stando al report del nostro Istituto Nazionale di Statistica, nel 2023 i nuovi nati sono stati appena 380 mila, il 3,4% in meno rispetto all’anno precedente. Molti meno di quando per la prima volta venne lanciato l’allarme sul calo delle nascite, era il 2008, e i nuovi nati erano oltre 560 mila.
Nascono molti meno bambini perché l’Italia non è un Paese per giovani e per giovani coppie e quindi l’età media per fare il primo figlio si innalza sempre di più non per scelta ma per l’ incertezza lavorativa, per gli stipendi troppo bassi, e per la carenza di elementi necessari di supporto alla genitorialità.
Una situazione drammatica, dunque, che mette a rischio la tenuta futura dei nostri sistemi pensionistici e sanitari, dal momento che senza nuovi nati non ci sarà chi potrà pagare le pensioni e il Servizio Sanitario Nazionale a chi esce dal mercato del lavoro.
Una possibile soluzione è quella su cui stanno puntando Paesi che vivono le nostre stesse difficoltà, come ad esempio la Germania che ha deciso di aumentare le quote annue di ingresso degli immigrati regolari, favorendone allo stesso tempo l’integrazione.
Ma anche in questa prospettiva, il Governo continua a fare solo propaganda e nonostante abbia scritto nero su bianco nel Def che per la tenuta economica del nostro Paese c’è bisogno di nuovi ingressi, poi si ostina a chiudere a qualsiasi progetto di integrazione e accoglienza.
Inoltre, per sostenere la natalità occorrono misure strutturali e non può di certo bastare un bonus una tantum. Servono asili nido, una nuova organizzazione dei tempi di lavoro che consenta alle giovani coppie di conciliare impegni familiari e lavorativi, e una seria politica per la casa. I prezzi degli immobili, in particolare nelle grandi città, sono alle stelle, perché non si costruiscono più case popolari.
Se non vogliamo che domani le nostre culle siano sempre più vuote, è oggi che bisogna programmare per trasformare l’Italia in un Paese a misura di giovani, e di bambini.